La bellezza è sempre relativa: amiamoci per come siamo! - Semplicemente Curvy

by Noemi Matteucci .

Quante volte ci siamo dirette nel camerino di un negozio stringendo tra le mani quel capo visto sulla locandina pubblicitaria o sul catalogo, che rendeva la modella così bella, piacente e alla moda, immaginandocelo indosso ancora prima di provarlo? Magari proiettando su di noi quella stessa aura di bellezza mista ad un’aria cool? Rimanendo poi deluse e amareggiate rendendoci conto che su di noi non sortiva lo stesso effetto, neanche provando un’altra taglia? E di nuovo a fare la conta dei nostri difetti, a sentirci inadeguate, a pensare a cosa cambiare nel nostro corpo per far sì che quel vestito – come altri – calzasse a pennello. E se, invece, non fossimo noi a non andar bene, ma queste collezioni fatte non tenendo conto dell’eterogeneità delle silhouette?

Rispondere a questo quesito significa spiegare come si è giunti a questa situazione in termini di abbigliamento, ripercorrendo brevemente la storia della moda.

La parola moda, dal latino modus (ossia maniera, tempo, norma, regola), nel significato più ampio del termine sta a indicare una scelta compiuta in base a dei criteri di gusto, che hanno come caratteristica quella di essere transitori. Nonostante questo concetto sia associabile a diversi ambiti, si tende a usarlo nell’accezione più comune riferendosi all’abbigliamento. È dal bisogno dell’essere umano di coprirsi per nascondere le parti intime che nasce il vestito, che in questa prima fase incarna il tratto distintivo tra uomo e animale. Tuttavia, fin dalle origini, oltre a quella di protezione, l’abbigliamento assolve anche una funzione ornamentale. Siamo intorno al 1300 quando gli abiti maschili iniziano a distinguersi da quelli femminili: mentre nei secoli precedenti uomini e donne si vestivano tutti indistintamente, prima con tuniche poi con camicie, in questo secolo gli uomini indossano abiti corti che lasciano scoperte le gambe, mentre le donne abiti lunghissimi che terminano con uno strascico. Il differente stile è in questo caso simbolo del diverso ruolo che uomini e donne rivestono nella società. Non essendo riconosciuto alle donne alcun potere né diritto di espressione, l’unico modo che esse hanno per catturare l’attenzione è puntare alla valorizzazione della propria figura.

Oltre al modello iniziano ad avere un loro valore anche i colori e gli ornamenti, che simboleggiano un’appartenenza politica e di ceto sociale. Sarà proprio questo il messaggio di cui la moda si farà portatrice per diversi secoli, specie durante il regno di Luigi XIV, quando prenderà vita il mercato dei tessuti e i vestiti di corte si fanno sfarzosi e stravaganti. È proprio nella Francia del 1800, infatti, che fanno capolino due tipologie di sartoria, la couture e la haute couture. La prima è pensata per l’alta società, mentre la seconda è riservata alla corte. Tutto questo ci fa capire come, fino a questo momento storico, la moda sia appannaggio esclusivo delle classi abbienti.

C’è un evento alle porte, però, che cambierà radicalmente le carte in tavola, facendo largo al panorama moderno e contemporaneo e all’affermazione della moda come fenomeno sociale: la Rivoluzione Industriale.

Nel XIX secolo nascono le società democratiche, all’interno delle quali gli individui iniziano a essere proclamati uguali tra loro e dove il ceto sociale più ampio è rappresentato dalla borghesia. La democrazia rappresenta anche una rottura fondamentale con le leggi della moda imposte fino a quel momento: si passa da un genere di abbigliamento destinato solo a un gruppo ristretto di persone a un altro, che coinvolge la popolazione in senso più ampio: siamo quindi alla moda per come la intendiamo oggi. Si diffondono capi a prezzi accessibili e l’esclusività della couture si avvia verso il declino. Fa la sua prima comparsa il prêt-à-porter, con la creazione di sistemi che consentono la produzione di modelli in serie, grazie ai quali la moda si avvicina al contesto industriale caratteristico del momento.

Con il passare degli anni, le innovazioni tecnologiche come l’automazione, l’utilizzo dei computer e la cucitura laser, portano all’affermazione definitiva del prêt-à-porter e della produzione di massa, con modelli omologati per forme e taglie.

Congiuntamente a quello di moda, c’è un altro concetto che nel tempo e nelle culture è andato mutando, quello della bellezza. Se proviamo a dare una definizione di bellezza, si potrebbe affermare che questa sia l’insieme delle qualità percepite tramite i nostri sensi e che ci suscitano sensazioni piacevoli. La bellezza non è però un concetto universalmente dato: varia infatti di epoca in epoca, di cultura in cultura, a seconda dei canoni estetici imposti da un determinato momento o contesto. Fin dall’antichità la bellezza femminile è stata valutata in base ad un modello estetico di riferimento, che veniva riconosciuto dalla società in un determinato contesto storico, sociale ed economico. Più i canoni estetici della donna si avvicinano a questo modello, più questa viene considerata bella. Basta volgere uno sguardo all’arte per vedere come l’immagine della donna e l’ideale di bellezza è mutato nei secoli. Si è passati infatti dalle fecondità delle veneri preistoriche e quindi dalle forme sovrabbondanti, alla castità delle madonne medioevali con i loro corpi esili, per poi ritornare alle curve sensuali e procaci delle donne barocche.

Ed eccoci a noi: per anni l’immagine della donna “in carne” è stata preferita perché era lo specchio di una società in cui il ruolo della donna era quello di moglie e madre, in cui lo stato di benessere si rifletteva in un corpo che non doveva essere provato dagli sforzi e dalla fatica. Attualmente l’ago della bilancia si è spostato su forme più filiformi, che nell’ideale contemporaneo maggiormente si confanno all’immagine di donna emancipata e in carriera. Il concetti di bellezza e di moda, quindi, così come ogni altro concetto, sono solo un’idea, un costrutto sociale che l’uomo ha elaborato per dare significato, valore e ordine alla realtà contestuale in cui è inserito. Ciò dovrebbe portarci a una consapevolezza: ognuna di noi è diversa dalle altre ed è bella proprio per la sua unicità.

È un messaggio molto importante, quello che noi di Semplicemente Curvy non ci stancheremo mai di ripetere: tutte siamo belle e abbiamo il diritto di piacerci e di piacere. Basta solo sfruttare la possibilità di mettere in evidenza le nostre qualità.

Susanna Biancifiori

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