Giorgia Soleri, la fidanzata di Damiano dei Maneskin racconta del suo aborto: "Sono stata aggredita"

Una vita spesa nell'attivismo sociale per cercare di sensibilzzare tutte le persone su certi temi molto delicati, e la malattia che le ha reso la vita un inferno. Giorgia Soleri, conosciuta ANCHE  per essere la fidanzata di Damiano David, leader dei Mansekin (la ragazza non ama essere conosciuta solo per la sua vita sentimentale), è una giovane modella, scrittrice, attivista, influencer e femminista convinta. Bellissima e anche molto intelligente, Giorgia  negli ultimi tempi ha voluto farsi sentire mettendo in evidenza un problema molto serio che riguarda molte donne, ossia la vulvodinia una patologia piuttosto invalidante che però non è ancora riconosciuta come tale dal nostro Sistema Sanitario Nazionale. Giorgia si sta facendo davvero in quattro per migliorare questa situazione e far sì che questa malattia venga riconosciuta come tale e abbia l'attenzione che merita.

Ma quello che forse non tutti sanno, è che la bellissima Soleri ha subito un aborto quando era ancora giovanissima, Ecco il suo toccante racconto, che possiamo trovare sul portale gossip.it:Ero giovanissima, avevo problemi di salute mentale ed economici, non avevo un lavoro con entrate certe”. Poi ha aggiunto: “Il momento in cui mi sono interfacciata col mondo sanitario è stato un’esperienza che mi è stata fatta vivere in modo estremamente negativo. La 194 ha lacune enormi che dovrebbero essere prese in considerazione. Invece rimane una legge fuori dal periodo storico in cui viviamo”. La sua esperienza, però, non è stata affatto delle migliori: “Sono andata in consultorio e sono stata aggredita dalla ginecologa, che mi sgridò dicendo che noi giovani facciamo sesso senza precauzioni e usiamo l’aborto come contraccettivo, senza sapere nulla della mia storia”. Infatti, la giovane all'epoca viveva in Brianza e soffriva di depressione.

Poi, Giorgia ha voluto spiegare la prassi per sottoporsi all'aborto: “Un’assistente sociale indaga sulla tua famiglia per capire se ci siano traumi che ti hanno portato ad abortire con domande violente e invadenti a cui non vorresti rispondere poiché, qualsiasi sia il motivo della scelta, l’aborto è un diritto. Per sette giorni devi soprassedere, non puoi abortire: è come se lo Stato dicesse ‘ti permetto di fare questa cosa brutta, tu vai in castigo sette giorni, pensaci, se hai ancora il coraggio di farlo, va bene’. Ci sono donne che abortiscono senza senso di colpa, è ingiusto obbligarle a vivere questa esperienza in modo traumatico quando è possibile accompagnarle. Piuttosto di un colloquio con l’assistente sociale, proporrei delle sedute di psicoterapia”. Il suo pensiero in merito è espresso in modo molto eloquente dalla maglietta che ha indosso, dove c'è scritto: "Libera di abortire".

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