Gli integratori alimentari rappresentano un valido aiuto per tutte quelle persone che, seguendo un'alimentazione un po' sbilanciata, non riescono ad assumere tutti quei nutrienti essenziali per soddisfare il fabbisogno quotidiano. Questo, di conseguenza, comporta degli squilibri nell'organismo che possono essere fonte anche di spiacevoli patologie, dalle più lievi a quelle più preoccupanti. L'ideale, naturalmente, sarebbe seguire una dieta sana ed equilibrata che ci permetta di assumere la giusta quantità di vitamine, sali minerali, proteine e quant'altro, ma al giorno d'oggi, in cui i ritmi sono sempre più frenetici, no sempre è facile dedicare il giusto tempo e la giusta attenzione alla nostra alimentazione. E quindi diventa praticamente necessario ricorrere a un aiuto dall'esterno, rappresentato, appunto, dagli integratori alimentari. Quello che però forse non tutti sanno, è che non tutti gli integratori sono uguali, e non tutti si rivelano efficaci. Infatti, perché un integratore alimentare possa essere assimilato correttamente dall'organismo, è indispensabile che abbia una certa biosolubilità, altrimenti i suoi effetti sarebbero praticamente vanificati.
Per determinare la biosolubilità di un integratore si effettua un test, dove diversi campioni di integratori di diverso tipo vengono immersi in un fluido acquoso e si attende che essi si disaggreghino. Purtroppo, da questo test è emerso che circa la metà degli integratori sottoposto alla prova non si sono disaggregati nei tempi ottimali, e per questo no hanno superato il test. In parole povere, vuol dire che il loro effetto sull'organismo potrebbe essere quasi nullo o comunque non soddisfacente. A dare una Spiegazione più dettagliata ci ha pensato la dottoressa Fabiana Quaglia, che ha condotto questo studio in Italia. Sul portale Great Italian Food Tradem la dottoressa ha spiegato: “Il test è piuttosto un modo agevole per tenere sotto controllo il processo produttivo a garanzia che la forma farmaceutica non ostacoli l’assorbimento degli attivi nell’organismo”.
Poi ha aggiunto: “Nel caso di prodotti che non erano conformi al saggio di disaggregazione, ho provveduto ad informare i distributori che a loro volta hanno sentito i fabbricanti chiedendo delucidazioni. In alcuni casi, i lotti di produzione sono stati fabbricati ex novo per rispondere alle specifiche. Qualcun altro si è affidato ad un laboratorio certificato per eseguire nuovamente i test. I risultati sono stati in linea con quanto avevo osservato nei miei laboratori. Qualche azienda, poi, ha sottolineato che non essendoci specifiche di disaggregazione obbligatorie per gli integratori, fosse loro facoltà modificare il tempo di disaggregazione della compressa”. Infine la dottoressa Quaglia tiene a piegare come si potrebbe migliorare l'assimilazione degli integratori che non hanno superato la prova: "Tale aspetto non può essere generalizzato ma bisogna distinguere tra attivo e attivo. In funzione delle caratteristiche di solubilità, stabilità, lipofilia e capacità di permeare l’epitelio intestinale, ad esempio, è possibile ottimizzare l’assorbimento agendo sulla progettazione della forma farmaceutica. È questo il ruolo del tecnologo farmaceutico che svolge studi di preformulazione nell’industria farmaceutica”.
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